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Cosa succede al tempo quando si attraversa lo spazio del dolore? Si dilata, gira in maniera estenuante intorno a un vuoto; o al contrario accelera all’improvviso e ti catapulta in una te stessa di venticinque anni prima? Sono queste le domande che sottendono a Per li occhi venne la battaglia, il racconto di un processo di lutto che non viene mai nominato e che per questo non può essere risolto. Percorrendo la strada del frammento come quella del flusso, la protagonista cerca di resistere al dolore aggrappandosi al marmo bianco dell’Apollo del Belvedere, lo stesso marmo che folgorò Winckelmann quando, nel 1755, diede alle stampe Pensieri sull’imitazione delle opere greche nella pittura e nella scultura segnando la fine dell’epoca barocca e l’ingresso nel rigore neoclassico. Eppure le cose non vanno come previsto e la pietra si rivela tutt’altro che solida: così, mentre la protagonista cerca di tenere unita la propria vita scrivendo di quella di Winckelmann, davanti agli occhi del lettore prende vita una figura ambigua, a tratti grottesca, le cui ombre sovrastano le luci.

Per li occhi venne la battaglia è un libro spaccato in due, come gli atti che lo compongono, in cui i vuoti, il non detto hanno lo stesso peso della parola scritta. Citazioni, inserti saggistici, riferimenti al cinema, all’arte e alla musica concorrono a creare una storia che si avvolge su se stessa, in cui tornano nomi e eventi, dentro cui è difficile distinguere vittime e carnefici e in cui tutto, alla fine, passa dagli occhi.

 

Livia Del Gaudio (Volterra, 1981) ha studiato e lavorato come architetto, ora insegna storia dell’arte nelle scuole superiori. Nel 2021 ha fondato con Aurora Dell’Oro la rivista online In allarmata radura che oggi dirige. Ha scritto racconti e saggi, alcuni dei quali pubblicati su riviste online e cartacee (Subway Letteratura; Diaforia; Cadillac; Bomarscè; In allarmata radura; retabloid, etc...). Collabora come critica d’arte con diversi illustratori e fotografi. Nel gennaio 2024 è uscita la novella Edwin Land. L’uomo della luce, per Coppola editore; a ottobre dello stesso anno, per Pidgin edizioni, è uscita l’antologia L’ora senza ombre, di cui ha diretto la curatela a nome di In allarmata radura.

Livia Del Gaudio /Per li occhi venne la battaglia

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  • Le fotografie sono sparite prima dei giorni, prima delle parole,
    prima di darmi il tempo di avvertire il dolore. Le ho viste risalire
    verso la parte più alta della casa sostituite di volta in volta dai giocattoli, dai libri, dai calendari dell’avvento delle mie figlie. Senza
    che nulla ne anticipasse la scomparsa il passato si è fatto invisibile
    e noi siamo andate avanti spedite, più leggere.


    Quando me ne accorgo la prima reazione è euforia. Un furore iconoclasta che riverso su tutto. Per giorni passo a setaccio la casa,
    svuoto gli armadi, chiedo alle bambine più ordine. Non basta registrare la sparizione, la devo accelerare. Insieme raccogliamo le fotografie che riusciamo a trovare e facciamo degli album. Le dividiamo a seconda degli anni, disegniamo piccole cornici per indicare i luoghi, chiudiamo tutto dentro le scatole.

    Mentre lo facciamo mi siedo sul pavimento e leggo delle fiabe.


    Quella che preferiscono racconta di una guerriera Navajo; una principessa divenuta invulnerabile in guerra grazie a una magia
    appresa dai lupi: era capace di prendere i suoi organi vitali e metterli
    al sicuro fuori dal corpo. Sul bordo della pagina disegno una sagoma. Prendo dal barattolo un paio di fagioli secchi e li metto sul petto della principessa al posto dei polmoni. Le bambine si divertono, non fanno domande, imparano l’arte di nascondere dagli animali, a loro gli animali piacciono. Eppure non sono tranquilla. Per quanto riposte nel buio le fotografie continuano a esistere. Le sento soprattutto la sera quando resto sola e seguire la trama di un film è diventato impossibile.

    Il problema sono le immagini. Da qualche parte ho letto che guardare
    è un’attività legata al desiderio e alla ripetizione. Io non desidero niente. Per quanto riguarda la ripetizione il mio punto di riferimento è Zoe: la osservo correre dentro la ruota per più di un’ora senza stancarsi.

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